Qualche anno fa, non molti, si aveva tutti l’impressione che ci saremmo dimenticati presto
di tutte quelle pratiche analogiche che avevano formato l’immaginario collettivo
riguardo sul cosa fosse la fotografia.
Certamente, c’erano gli irriducibili, coloro che imperiti, fra scherno e risa, continuavano
fra chimiche e pellicole a sostenere una pratica sempre meno diffusa e sempre meno supportata fisicamente.
Chiudevano le case produttrici, finivano i prodotti, tutto sembrava dar ragione al digitale che,
attraverso i suoi punti di forza, velocità di produzione, costi apparentemente ridotti e diffusione
si stava affermando con una velocità inaudita, grazie al supporto delle tecnologie, di internet,
dei social networks, degli smartphones ecc…
Insomma, in maniera molto sommaria, se vogliamo riassumere questi tempi appena trascorsi,
c’è stata una rivoluzione, ma è durata poco.
Oggi, a passi altrettanto veloci tutti quei lunghi processi analogici stanno tornando.
Una nuova rivoluzione è alle porte? Oppure è solo una specie di livella per un mercato
fotografico forse già saturo di prodotti?
E’ innegabile che i supporters della fotografia analogica oggi siano aggressivi e vendicativi,
dopo quel periodo di “stenti” e di rinunce forzate.
Parto da qui per chiedervi una considerazione, un momento di riflessione al di la del mero schierarsi
da una parte o dall’altra.
I “digitalisti”, passatemi il termine, sostengono che oggi non vi sia spazio per i tempi che la fotografia
analogica impiega per definirsi concretamente.
Gli “analogisti”, eh si passatemi pure questo di termine, sostengono che la fotografia digitale non lascia spazio
al ragionamento e quindi ad un processo cognitivo proprio invece della fotografia analogica.
Mi esprimo per primo, per poi lasciar spazio alle vostre considerazioni.
Sono convinto che il mezzo non possa in alcun modo andare a definire il profilo dell’utilizzatore.
Fare un cammino determinato da studio teorico e pratico, essere consapevoli e quindi progettare,
andando a formare in primis il proprio pensiero, attraverso i più disparati stimoli esterni, è un comportamento
che discerne dal mezzo che si usa per espletare il proprio linguaggio fotografico.
Digitale o analogico possono essere l’uno inclusivo all’altro, possono coesistere e possono suddividersi un carico di lavoro.
L’uno puo’ servire, proprio come l’altro, per differenziare ed accrescere le proprie capacità o le proprie possibilità.
Viviamo in una fantastica epoca, malgrado molto, un’epoca che ci permette di riscoprire ed addirittura migliorare
le tecniche più anziane ed integrarle con le innovazioni esistenti o addirittura in fase embrionale.
Mi piacerebbe notare un cambio di tendenza un giorno, dove poter leggere ed osservare sempre più persone,
che si adoperino per includere e non per escludere, per razionalizzare e non per idealizzare, un mondo dove
le differenze siano importanti ed utili realmente per accrescere esperienze e servizi.
Attendo le vostre considerazioni sul tema.
A dx un trittico di fotografie digitali realizzare con Nikon D700
A sx un trittico di fotografie analogiche realizzare con Canon AE-1
(“from here to nowhere”photo tiziano toma – model mina pucci & son – assistant federica anna molfese – video fashion story : https://youtu.be/dvl_dhSRvGc )
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Tutto quello che davvero mi manca della pellicola è la gamma dinamica e la morbidezza che offriva nelle curve di luce e colore.
Attualmente siamo ben distanti da quell’effetto di “mescolazione” così bello.